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Le cinque giornate di Vo’ - 3 DI 6

Vo’, Città del Vino

Terza giornata

Dov'è

Veneto

Via Martiri della Libertà, 10, 35030 Vo PD, Italia (20m s.l.m.)

Indicazioni stradali
map

La Provinciale 89 dei Colli è la strada che taglia gli Euganei con una diagonale che merita d’essere percorsa da Selvazzano a Este affrontando allegramente i tornanti tra Teolo e Zovon. Si capirà così per quale motivo ai primi del Novecento qualcuno abbia avuto la pensata di rifondare il comune di Vo’ a margine di quella che poi è la direttrice maestra tra Padova e Rovigo. Scelta comprensibile, dal punto di vista logistico, ma si può anche immaginare lo scorno del capoluogo storico, degradato a frazione e per di più col nome di Vo’ Vecchio.

«Vo’, Città del Vino e della Trachite»: l’installazione artistica che all’ingresso del comune ne ricorda le eccellenze.

La nuova piazza è ampia e razionale, con la sede comunale sul fondo e una lapide a ricordo dei 70 giovani vadensi caduti nella Grande Guerra. Si fa sempre fatica a crederci. Al centro s’innalza il monumento che ne onora la memoria: una colonna alta più di dieci metri, a dimostrazione di come la trachite non sia solo pietra da selciato – da masegni, dicono a Venezia – ma anche da lavorazioni fini, dalle scanalature del fusto alle volute del capitello. In cima, una statua di bronzo che cattura lo sguardo, un San Giusto con la palma del martirio in una mano e nell’altra il simbolo della città di cui è patrono, Trieste. Scelta anticonformista, merito dello scultore vicentino Giuseppe Zanetti che guardò alla città riconquistata al tricolore grazie anche al sacrificio di quei giovani, sublimandoli nella figura del martire che il calendario ricorda il 2 di novembre, nel giorno dei Morti, per l’appunto.

A scuotermi da questi pensieri è una campana che batte l’ora richiamandomi a più prosaico impegno. All’ingresso del paese si legge «Vo’, Città del Vino» e dunque che vino sia. Varco senza indugi la porta del Consorzio Doc, dov’è tra l’altro allestito il museo che introduce alle meraviglie enologiche dei Colli Euganei. Una storia antica, che ha il suo simbolo nella cosiddetta Situla Benvenuti, secchiello rituale in bronzo sbalzato del VII secolo avanti Cristo, tornato alla luce nella necropoli di Este. Vale a dire che più di 2500 anni fa gli antichi veneti sceglievano di inebriarsi col vino per avere percezione dell’ultraterreno. Meglio un bicchiere di rosso, mi viene da dire da buon veneto, dell’oppio o del peyote.

Presso il consorzio Doc di Vo’, la sezione del MUVI, Museo del Vino dei Colli Euganei, che tratta delle uve caratteristiche del territorio.

Della visita restano impressi alcuni concetti notevoli: che il bianco più tipico degli Euganei, il Serprino, è l’antenato niente meno del Prosecco; che Merlot e Cabernet in questi suoli vulcanici si esprimono come raramente altrove; che il particolarissimo Moscato Fior d’Arancio ha un bouquet d’aromi che spazia dal mango al fico secco... Provare per credere, nella cosiddetta ‘sala emozionale’, che chiude il percorso di visita con una degustazione guidata.

Esperienza del giorno, suggerita dalla visita: insalatina tiepida di gallina padovana, – sì, proprio quella «dal gran ciuffo», descritta nelle tavole rinascimentali dell’Aldovrandi, – con un calice di Moscato Fior d’Arancio, che in versione secca sarà in grado di assecondare l’agrodolce della ricetta. Sorprendente.

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Francesco Soletti

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