SHARRYLAND
Dov'è
Casciotta d’Urbino DOP, quel formaggio che già dal nome risulta autentico, originale, unico, con quella «c» baciata dalla «s» che anticipa il suo sapore suadente, la sua indescrivibile delicatezza, il gusto e l’aroma del latte misto vaccino e ovino.
Non solo questione di suono
E guai a chiamarla caciotta, soprattutto qui a Urbino: qualcuno sentendovi, potrebbe anche risentirsene. Nonostante il nome sia simile, infatti, la sostanza è profondamente diversa. La caciotta è una tipologia molto ampia di formaggi, diffusa in diverse regioni d’Italia e con caratteristiche che variano di zona in zona. In generale si può dire che è un formaggio di latte ovino, vaccino o caprino, di forma tondeggiante e con i fianchi arrotondati. Dopo di che, i dettagli della lavorazione e della stagionatura cambiano in base al tipo di caciotta.
Il formaggio dell’antica Casteldurante, al contrario, si riconosce immediatamente, tanto che si è meritato il riconoscimento DOP. È fatto con latte latte di pecora al quale viene aggiunto latte vaccino e viene pressato a mano. Le tecniche di lavorazione unite alle specificità del territorio di Pesaro Urbino ne fanno un formaggio dolce, molle e friabile dal colore giallo paglierino. E così ad Urbino da sempre si trovano le «Casciotte», piccole forme di formaggio da consumare fresco, dopo una stagionatura di appena 10-15 giorni. Un cibo fonte di ispirazione, di energia, di creatività. E non è solo un modo di dire.
Un cibo per artisti
Pare che la Casciotta sia riuscita a conquistarsi il suo posticino anche nell’arte, e che arte! Niente meno che quella di Michelangelo Buonarroti, che ne era ghiotto. Anche se, per essere onesti, non venne riprodotta nelle opere dell’artista, piuttosto ci piace immaginare che il suo sapore lo abbia ispirato, accompagnandolo e sostenendolo nel suo lavoro. Come facciamo a sapere che Michelangelo mangiava la Casciotta di Urbino? È presto detto: durante la sua vita, il Buonarroti strinse profondi legami affettivi con Francesco Amatori (detto l’Urbino) e con la di lui consorte Cornelia Colonnelli. Alla morte dell’Amatori, Cornelia con i suoi figli (figliocci di Michelangelo), tornò a Casteldurante. A questo punto tra lei e Michelangelo iniziò una corrispondenza costante, e quasi sempre le missive erano accompagnate dall’invio allartista, di casciotte di guaimo. Si narra addirittura che le consumasse nell’atto di dipingere gli affreschi della Cappella Sistina, tra una pennellata e l’altra. Sugli spuntini alla Cappella Sistina non garantiamo, ma l’invio delle casciotte è cosa certa grazie alle lettere di Cornelia giunte fino a noi. In una scrive a Michelangelo: «...Perché oggi è il dì de anno nuovo, dove a noi è usanza recognioscere li patroni, per questo mando a Vostra Signoria un fardelletto de cascio de guiamo de peso de livere otto»; poi continua più avanti : «et il cascio lo goderete per amore nostro».
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