SHARRYLAND
Monumento Nazionale Abbazia di San Gervasio di Bulgaria
Un gioiello di arte bizantina dove non te l'aspetteresti
Dov'è
Cos'è e dov'è
La scorgi risalendo la strada statale che congiunge l’Adriatico con l’Appennino, a ridosso di quella via un tempo itinerario romano, mentre transiti ai piedi della fortezza di Mondolfo. Inconfondibile per la sua architettura a pianta basilicale con tre navate, connotata dal rosso del mattone, le vestigia paleocristiane ed altomedievali, i reperti romani e bizantini ti portano a scendere in quell’ambiente misterioso che è la cripta, che conserva un gioiello prezioso.
Perché è speciale
Entrando nella cripta sei catapultato alla prima decade del VI secolo, epoca a cui risale il più grande sarcofago ravvenate che ammiri al centro dello spazio sacro, nella penombra. Scolpiti sulla pietra, gli eleganti pavoni testimoniano la millenaria fede nel Risorto della Valcesano, con la loro bellezza senza tempo. Nella quadreria comunale il fonte battesimale dell’abbazia – scultura almedievale – fa bella mostra di sé nella Piazza del Comune.
Da non perdere
La festa annuale all’Abbazia di San Gervasio si celebra il sabato in albis, cioè il sabato dopo Pasqua. Ricorda quando il Vescovo di Senigallia, da cui canonicamente dipende l’abbazia, sin dal Medioevo si recava in questo luogo per riaffermare la sua giurisdizione sulla chiesa.
Un po' di storia
Chi è San Gervasio il cui corpo riposerebbe nel prezioso sarcofago ravennate? Tradizione locale vuole che sia un garzoncello di campagna, dedito alla preghiera ed al lavoro nei campi che visse nell’agro mondolfese in tempo imprecisato. Sentì suonare le campane del paradiso, fece sgorgare un’acqua dalle forti proprietà curative per guarire dalla rogna – la scabbia – e la sua vita si consumò in odore di santità in epoca imprecisata.
Curiosità
Era una notte particolarmente buia, senza il chiarore della luna e segnata dai nembi che veloci percorrevano il cielo di Mondolfo. Furtivamente malintenzionati entravano di soppiatto nel cuore dell’abbazia: volevano scassinare il sarcofago dove speravano di invenire chissà quali tesori. Avevano iniziato a frantumare il coperchio quando un violentissimo temporale, con vistose saette e roboanti tuoni investì l’abbazia, dove i furfanti stavano violando il riposo eterno di San Gervasio. Terrorizzati scapparono, in quello scorcio di ‘600, i lestofanti che tanto avevano osato.
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