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Le risorgive del Bacchiglione
Le risorgive dell’Alto Vicentino, archiviati gli anni della troticoltura, sono diventate una riserva naturale a misura di famiglia
Dov'è
Il Bacchiglione è il fiume che si forma poco a nord di Vicenza, in aperta campagna, come d’incanto. In una virtuale discesa una dozzina di chilometri basterebbero a raggiungere la città del Palladio e un’altra trentina per aggirare le mura di Padova, raggiungendo infine il Brenta poco prima che questo si riversi a mare a sud di Chioggia. Davvero un bel fiume, a partire dall’area delle risorgive, protagonista di un’esemplare vicenda di rigenerazione ambientale che nel 2011 ha portato alla creazione di una riserva naturalistica aperta al pubblico.
L’area protetta
Si trova all’interno del triangolo formato dai centri di Dueville, Caldogno e Villaverla; percorrendo le strade maggiori, si coglie la bellezza d’insieme del territorio, ma è inoltrandosi verso le località minori che si scoprono i suoi piccoli tesori. Il nucleo più intatto è il cosiddetto Bosco di Dueville, che conserva la flora originaria delle zone umide di pianura, dai boschi a salici, pioppi e ontani, alla vegetazione flottante dei tanti corsi d’acqua che lo attraversano. Tutt’intorno, una campagna d’antica bellezza con prati stabili e arativi, incorniciata da siepi e filari arborati.
La fascia delle risorgive
La riserva rientra in uno degli habitat più interessanti della pianura padana, la cosiddetta «fascia delle risorgive», lungo la quale si contano a decine quei sorprendenti affioramenti idrici così copiosi da generare in breve veri e propri fiumi, come nel caso del Bacchiglione. La risorgiva, altrimenti detta fontanile (in dialetto «fontanasso»), ha luogo lungo la linea in cui la falda acquifera interseca il piano di campagna, ovvero dove le acque dei torrenti montani, penetrate nel sottosuolo ghiaioso dell’alta pianura, incontrano gli strati argillosi di quella bassa e vengono sospinte alla luce. Le risorgive hanno la loro prima manifestazione nel gorgogliare delle polle («boj» o «boje»), da dove l’acqua ruscella fino a raggiungere i fossi che si riuniscono nel fiume. L’ambiente formato da questi corsi d’acqua a temperatura costante di 10- 13 gradi, quale che sia la stagione, è molto particolare per via della vegetazione sommersa che resta lussureggiante anche d’inverno, quando la campagna tutt’intorno è presa dal gelo.
Flora e fauna d’incanto
Per il naturalista le risorgive sono degli ambienti d’eccezionale interesse per la concentrazione di specie botaniche e animali che vi si riscontrano. E non occorre avere chissà quale esperienza per apprezzarne gli aspetti più particolari, a partire dai fossi, sempre verdeggianti di piante acquatiche che ondeggiano nella corrente, spettacolari quando si coprono di bianchi fiori a pelo d’acqua. Per riconoscere pesci e anfibi ci vuole un po’ d’occhio, mentre per gli uccelli spesso è più utile tendere l’orecchio per coglierne il richiamo prima di vederli sfrecciare. Piccole capacità, che si apprendono seduta stante dalle guide naturalistiche. Poi ci sono i capanni da birdwatching, mimetizzati in punti strategici per osservare la fauna degli stagni. Silenzio, un po’ di pazienza e possibilmente un binocolo, questo serve perché gli abitanti più confidenti della riserva, gallinelle d’acqua, anatre e aironi facciano la loro comparsa nel campo visivo, senza escludere un colpo di fortuna, un martin pescatore che sfreccia a pelo d’acqua o il porciglione che si sporge dall’intrico del canneto.
Di interventi umani e ritorni alla natura
Sono stati i coloni romani, ma ancor più i monaci benedettini nel Medioevo, ad attuare quelle bonifiche che hanno trasformato la primordiale distesa di foreste della pianura Padana in uno scenario di campi praticamente senza soluzione di continuità. I pochi lembi residui di quei grandi boschi hanno resistito solo lungo i fiumi e nelle zone umide, specie nella fascia delle risorgive. Nel Vicentino tanta abbondanza d’acqua, però, oltre a favorire la tradizionale attività di mulini e la coltura del riso, ha convinto in un recente passato a investire nella piscicoltura. È stato così che nella seconda metà del Novecento anche l’area delle sorgenti del Bacchiglione ha visto lo scavo di canali e vasche che con le loro geometrie si sono sovrapposte alla rete idrografica naturale. Poi, esaurito l’interesse di mercato per le trote d’allevamento, gli impianti dismessi sono stati per lo più abbandonati al ritorno della vegetazione spontanea. Nel caso delle risorgive del Bacchiglione, però, c’è stato anche un provvidenziale intervento di restauro ambientale: antiche mappe alla mano, una volta tanto le ruspe hanno lavorato per ricreare gli alvei naturali, restituendo al fiume le sue più profonde radici.
Storie di migrazioni
La riserva è sede di una stazione di inanellamento, ovvero di un’attività di studio delle migrazioni degli uccelli che vengono catturati con speciali reti al fine di applicare ad una zampa una fascetta recante un codice d’identificazione alfanumerico. Una volta liberati, i volatili continuano nel loro viaggio e in caso di un’eventuale cattura da parte di un’analoga stazione ornitologica, o di rinvenimento accidentale, se ne potrà determinare il percorso e anche il tempo. I risultati di queste campagne di studio danno risultati spesso sorprendenti perché certo possono capitare uccelli di specie rare, ma più spesso sono le distanze percorse dai migratori a suscitare stupore. È capitato per esempio, di ricatturare un migliarino, piccolo uccello palustre, che era stato inanellato in Finlandia, reduce dunque da una migrazione di 2500 chilometri e dal sorvolo delle Alpi. All’opposto la cannaiola verdognola, specie nidificante alle sorgenti del Bacchiglione, va e viene dall’Africa Australe superando mari e deserti lungo una rotta che gli ornitologi vogliono ricostruire dotando alcuni esemplari di un localizzatore GPS ultraleggero.
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