SHARRYLAND
La scagliola della Valle d'Intelvi
Una storia fatta di di arte, ingegno e maestria
Dov'è
A San Tommaso per scoprire la scagliola
A Cerano d’Intelvi, un bel campanile in pietra di Moltrasio richiama l’attenzione verso la chiesa di San Tommaso, situata su un dirupo tra i torrenti Ronco e Vercia, accanto alla fonte sorgiva Murtée. Proprio questo campanile era un tempo parte del castello della regina longobarda Teodolinda, e per questo viene chiamato anche Torre di Teodolinda. Certo, il legame del paese con la regina è molto intenso, tanto da inserire la sua corona nello stemma comunale, ma è all’interno della chiesa che si scopre una parte importante dell’eredità culturale e storica del borgo. Tra affreschi, dipinti e stucchi, l’occhio cade inevitabilmente su di alcuni paliotti con elaborati e sinuosi decori colorati su un fondo scuro. Ad un occhio poco esperto potrebbero sembrare opere in marmo, ma la verità è che questi pannelli sono stati realizzati con la scagliola, un materiale lavorato con maestria assoluta dagli artisti intelvesi.
Come nasce la scagliola
La tecnica viene perfezionata da secoli, e il marmo c’entra ben poco: la scagliola è un prodotto che deriva dalla mescolanza del gesso, cotto e macinato finissimo, addizionato a polveri di terre naturali reperite sul posto. Il gesso viene bagnato con acqua prodotta dalla macerazione di elementi organici animali (pelle, colla di pesce) e mescolato a polvere nera di carbonella di vite (nero vite) o fuliggine (nero fumo). Questo composto viene steso in uno strato sottile su di un supporto di gesso grezzo. L'incisione a colori si ottiene scavando le parti di decoro e riempiendo gli scavi con impasti di scagliola di vari colori. La superficie viene poi lucidata attraverso l'uso di sette pietre ed infine, impermeabilizzata con cera d'api.
I simboli della scagliola
La bottega scagliolista applica l'uso ripetuto di elementi fissi, come cornici e volute, nei quali inserire gli elementi mobili, come fiori e ghirlande, e le figure devozionali centrali. Ciascun paliotto vede la collaborazione lavorativa di maestro ed allievo e è per questo che è sempre realizzato da due autori. Tornando nella chiesa di San Tommaso, per esempio, nelle prime due cappelle adiacenti all’altare maggiore si possono ammirare due paliotti che raffigurano diversi simboli: vasi ripieni di frutta, ossia offerte di buone azioni; mazzetti di rose e gigli, segno di purezza; fiori di garofano, rappresentazione dell’amore di Cristo; ghirlande, come rosari di preghiere, e coralli gemmati a croce, segno di nobile sacrificio.
Ed è ammirando queste splendide opere che si capisce come mai gli artigiani ed artisti intelvesi fossero richiesti in tutta Italia ed anche in Europa, tanto più che non si limitavano alla realizzazione dei paliotti: abili nel lavorare la pietra ed erigere costruzioni, gli intelvesi sono ricordati come costruttori di chiese e cattedrali di grande importanza storica.
Dalla Valle d'Intelvi alla conquista dell'Europa
Nel periodo romanico, i «magistri comacini», erano collettivi di artefici molto organizzati, di cui facevano parte architetti, muratori, carpentieri, scultori, decoratori, pittori: le competenze erano assai specifiche, ma si spostavano in gruppo. Dai 12 anni si poteva emigrare per lavoro, insieme al padre o al nonno, per periodi stagionali. Ogni paese della valle aveva gruppi specialisti: gli scalpellini a Schignano, gli stuccatori e gli scagliolisti a Laino, i decoratori a Castiglione, gli scenografi a Ponna. Dopotutto, la montagna alpina e prealpina con le sue valli e i suoi transiti ha consentito una fitta rete di relazioni internazionali fin dal tempo dei longobardi, quando gli intelvesi iniziarono ad essere riconosciuti e rispettati come «magistri».
Tra il XV e il XVIII secolo, la scagliola era espressione di un linguaggio artistico e naturalistico, e rappresentava la lode perenne dello spirito con l'offerta di fiori, colori, nastri e pietre. Tutto ciò che in natura è mutevole, inafferrabile e momentaneo diventa, con la tecnica della scagliola, inciso con colori vividi in elemento fermo ed eternato, come di pietra. E proprio la capacità di rendere eterno l’effimero portò Papa Clemente VII a sostituire i paliotti in seta delle chiese con quelli in scagliola. Queste bellissime opere, oltretutto, potevano gareggiare in bellezza con gli intarsi in marmo, ma erano molto più economiche, permettendo anche ad ordini meno abbienti, come quello dei Cappuccini, di abbellire le loro chiese. Poco a poco gli scagliolisti si affermarono e realizzarono in scagliola gli elementi di pregio di altari e tabernacoli, sostituendo la pietra lavagna e ogni sorta di marmo, ritenuto per gli ordini mendicanti un lusso. La scagliola intelvese ha avuto il suo più ampio sviluppo ed impiego nel XVIII secolo in paliotti di altari, tavolini e tavoli, consolles e e molto altro ancora, diffusisi in tutta Europa, con motivi decorativi ideati o interpretati secondi i modi dell'epoca.
Il Museo dello Stucco e della Scagliola
La tradizione della scagliola è talmente forte e radicata nel territorio che oggi un’ala del seicentesco Palazzo Pinchetti Perlasca è occupata dal Museo dello Stucco e della Scagliola. Nato nel 1989 grazie all'opera di creazione e raccolta dei professori Bruno Gandola e Floriana Spalla, artista ceranese dell'Accademia di Brera lui e storica dell'arte lei, tramanda alle generazioni future l’arte e la sapienza, che hanno da sempre contraddistinto la maestranze intelvesi. Al suo interno infatti, si esplora a tutto tondo il mondo dello stucco e della scagliola grazie a fotografie che ritraggono gli artigiani al lavoro, strumenti e materiali usati nei secoli e la loro evoluzione, ed infine, immancabilmente, alcuni meravigliosi esempi di opere in scagliola e stucco plastico moderno.
Ed è così che si arriva alla fine del viaggio, o almeno, così sembra… in realtà l’avventura è appena iniziata perché d’ora in avanti, dopo aver scoperto il sorprendente mondo della scagliola, vi ritroverete qua e là per l’Italia e l’Europa a riconoscere la mano dei bravissimi artisti della Valle d’Intelvi!
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