SHARRYLAND
Dov'è
Non chiamatela neola, la classica pizzella o ferratella abruzzese a base di uova, farina e zucchero. La Nèvola, con la sua «e» aperta e la «v» centrale, è il dolce tipico tradizionale di Ortona, una cialda friabile di forma conica dal sapore intenso e quasi esotico.
La preparazione
Partiamo dagli attrezzi del mestiere: un pesante ferro a pressa composto da due placche tonde unite da una cerniera che, poste sul fuoco, imprimono una decorazione sulle cialde. La preparazione richiede di posizionare palline di impasto di 2-3 cm di diametro al centro del ferro arroventato fino a cuocerle da entrambi i lati. La tradizione sostiene che i tempi di cottura sul fuoco siano gli stessi per recitare un «Ave Maria» da un lato e un «Pater Nostro» dall'altro. A cottura terminata, il ferro deve essere velocemente pressato e aperto. Ne uscirà una cialda gonfia da dividere in modo da ricavarne due più sottili che vengono poi arrotolate a formare la tipica forma conica. L'impasto di questo particolare dolce è a base di mosto cotto, farina, olio extravergine di oliva, scorza e succo d'arancia, cannella macinata (e a volte anche anice).
Già dal primo assaggio verrete conquistati dalla fragranza del mosto cotto, sapientemente preparato in casa facendo bollire in paioli di rame la pregiata uva pergolone e dalla cialda sottile e friabile con il suo sottofondo di arancia e cannella. L'elaborazione della ricetta richiede una notevole dose di manualità e pazienza e la cialda bollente è sapientemente lavorata dalle svelte mani d'acciaio di donne d'altri tempi.
Mani in pasta, perché no?
Se vi sentite particolarmente coraggiosi e siete così fortunati da reperire il mosto cotto ed il ferro apposito, magari nel mercato rionale di Ortona o nella bella e non troppo distante città di Guardiagrele, sappiate che le stanze inondate del paradisiaco profumo sprigionato da questo particolare impasto ripagheranno tutti i tentativi falliti e le inevitabili dita bruciacchiate. In alternativa, potreste cercare di entrare nelle grazie delle generose signore del luogo, ben felici di svelare ad un «forestiero» i loro antichi segreti durante tutte le varie fasi della preparazione. Ne uscirete arricchiti di antichi saperi e abbondanti degustazioni e porzioni da asporto. Vi consiglio però di non toccare l'argomento farciture. In alcuni casi la libertà di opinione non vale: la nevola va mangiata vuota.
Una storia tra il sacro e il profano
Secondo la tradizione la storia delle nevole sarebbe da attribuire ad un gruppo di suore che le idearono utilizzando il «ferro» delle ostie nel XIII-XIV secolo. Le prime fonti scritte risalgono però al XVI secolo e alla fine del 1500 il Vescovo di Lanciano ne bandì la preparazione in quanto richiamo alla forma fallica. Molto diffusa nell'antichità l'usanza delle famiglie nobili di farsi realizzare ferri personalizzati che imprimessero lo stemma della casata sulle Nevole. Pare che anche Margherita d'Austria, che visse i suoi ultimi anni di vita ad Ortona, se ne fece personalizzare uno con le proprie iniziali. Oggi la ricetta della nevola è tutelata dalla Fondazione Slow Food nella sua «Arca del Gusto».
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