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La Festa del Fuoco a Giazza - Vaur Ljetzan
La notte più breve dell’anno, la magia del solstizio d’estate e 13 bracieri per una sola comunità
Dov'è
Giazza è una piccola frazione di montagna del Comune di Selva di Progno, nell'alta Val d'Illasi in Provincia di Verona, abitata da meno di un centinaio di persone. Una piazza, una chiesa, le case arrampicate l'una sull'altra in cerca di sole, il tutto abbellito dal torrente con la sua scrosciante cascata, e dal limite del bosco dal quale spesso si affacciano caprioli e camosci; più su, veglia su tutto il Gruppo del Carega: cime scoscese, imponenti, montagna vera. Ogni anno, il 23 giugno, la piccola comunità si riunisce nella piazza del paese per celebrare la Festa del Fuoco, «Vaur Ljetzan» in cimbro. Attraverso rievocazioni, musiche e spettacoli di fuoco si rinnovano i riti ancestrali dei Cimbri con l'accensione dei 13 bracieri, simbolo della loro unità e degli antichi «13 Comuni della Lessinia».
La notte più breve, la notte più bella
Siamo nel solstizio d'estate, la notte più breve e magica dell'anno, quando il sole è all'apice della sua luce e si ricongiunge con la luna per iniziare il suo ciclo calante. Questo giorno era considerato sacro nelle tradizioni popolari e nelle religioni celtiche e nordiche in cui si esaltavano il potere del fuoco e della luce, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori. In tutte le campagne del nord Europa l'attesa del Sole era, ed è tutt'oggi, propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, perché da sempre con il Fuoco si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe ed i demoni vaganti nel cielo. Le streghe infatti durante questa notte si riunivano sotto grandi alberi al chiaro di luna alla ricerca di erbe magiche, ma gli uomini, conoscendo le loro intenzioni, le tenevano lontane con alti fuochi e, facendo dei cerchi attorno ai falò, chiudevano ad esse ogni possibilità di unirsi a loro. Attorno ai fuochi si cantava e danzava, era una notte magica, una notte di prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano promesse d'amore e di fortuna, mentre il Male si dissolveva sconfitto.
Oggi la Festa del Fuoco prevede due momenti di spettacolo: una prima parte in cui danze aeree, trampoli, effetti pirotecnici e fuoco vivo incantano i presenti in un turbinio di emozioni; la seconda parte, costituita da una rappresentazione di miti e leggende popolari della Lessinia. Lo stesso paese di Giazza si trasforma in scenografia, Lo spettacolo culmina con l'arrivo delle fiaccole portatrici di luce e di speranza, seguite da Aissa Maissa, la regina delle Fade, che assieme alle sue giovani ancelle, aiuta i boscaioli cimbri ad allontanare le tenebre scacciando l'orco o le minacciose strie (streghe), liberandoli così dai loro malvagi sortilegi. La Festa termina con l'accensione dei 13 bracieri, simbolo dell'unione delle antiche tredici comunità cimbre della Lessinia, attorno ai quali le fiaccolanti e le fade invitano i presenti ad unirsi per danzare in cerchio, così da tenere lontane le streghe e il male.
La storia del 13 comuni
Giazza (Ljetzan) è la culla dei Cimbri, popolazione di origine bavaro-tirolese che si stanziò nella zona attorno al 'XII-XIII sec. introducendovi una cultura alternativa ed un'economia basata sulla produzione di carbone e calce: l'ultimo baluardo dove tuttora gli abitanti mantengono vive le tradizioni e l'antica parlata germanica, detta localmente tauc. A seguito dell'arrivo dei Cimbri, il vescovo di Verona Bartolomeo della Scala, il 5 febbraio 1287 concesse al nutrito gruppo di coloni di origine tedesca, il vasto territorio disabitato a nord di Roverè Veronese, più comunemente noto col nome di «Montagne dei Lessini». I coloni avevano il permesso di disboscare il territorio, creare pascoli per il bestiame e costruire masi. Erano inoltre liberi di amministrarsi, di eleggere i propri parroci parlanti la loro lingua, di conservare le proprie tradizioni e di unirsi in comunità più numerose.
Queste comunità, col passare del tempo, crebbero di numero e, verso la fine del Trecento, costituirono i 13 Comuni della «Montagna Alta del Carbon», come veniva chiamato allora l'altopiano lessinico: Vèlje (Velo Veronese), Roveràit (Roverè Veronese), Silvan (Camposilvano), Azari (Azzarino), Salain (San Mauro di Saline), Tavernole, Brunghe (Selva di Progno, di cui faceva parte anche Giazza), San Bartolomeo al Todesco o San Burtal (San Bortolomeo delle Montagne), 'Abato (Badia Calavena), Alferia el Sirè (Cerro Veronese), Pourantal (Valdiporro), Naughe Kirche (Bosco Chiesanuova), Kan Bisan (Erbezzo). Il numero tredici per i comuni veronesi della Lessinia non è stato sempre fisso, ma risale a un documento del 1616.
Conoscere le erbe per proteggersi dal male
Un'antica tradizione narra che in questa notte magica le donne dovessero raccogliere la rugiada per fare l'acqua di San Giovanni da mettere in infuso con le erbe per aumentare la loro bellezza e la propria fertilità. Una di queste erbe è l'iperico, detta appunto «erba di San Giovanni», che con i suoi piccoli fiori gialli, proteggeva anche i viandanti: chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del loro convegno annuale, veniva protetto dai loro sortilegi infilandosi sotto la camicia l'iperico assieme all'aglio, la ruta e l'artemisia. Vi è poi la verbena, che se colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, proteggeva dai fulmini. Un'altra erba importate è l'erica che, secondo leggenda, veniva seminata da fate e folletti nei luoghi da loro frequantati: gli uomini che l'avessero calpestata, si sarebbero smarriti nelle tenebre, mentre chi avesse dormito tra i suoi cespugli, poteva essere rapito nel mondo delle fate. Aissa Maissa, Regina delle Fade, e le sue ancelle al loro arrivo offrono agli spettatori della Festa del Fuoco un mazzetto di queste erbe appena raccolte secondo tradizione, da gettare nei bracieri come auspicio di buona fortuna per i presenti.
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