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La chiesa di Polenta
Protagonista di un’ode di Carducci, è conosciuta anche come Pieve di San Donato, dove forse pregarono Dante e Francesca da Rimini
Dov'è
Cos’è e dov’è la Pieve di San Donato
Alta su un colle coronato di cipressi, c’è la romanica Pieve di Polenta. È un armonioso edificio a pianta basilicale con tre navate che terminano con absidi realizzata con laterizi rossi, alternati a blocchi di gessite grigia che formano un bel contrasto di colore. L’interno è semplice e austero: le navate sono separate da colonne di muratura, tanto storte che sembrano sul punto di crollare. I capitelli invece sono davvero particolari, molti decorati con un tralcio liscio e spesso, ricco di intrecci diversi, alti ricoperti da una fitta rete di foglie; negli angoli sono inserite faccine stilizzate. L'altare maggiore di marmo è bizantino. Bella anche la cripta divisa in tre serie di volte da semplici colonne con capitelli simili a quelli della chiesa.
Un po’ di storia
La sua storia è piuttosto travagliata, la prima attestazione risale al 911; l’impianto giunto a noi è stato costruito fra il X e il XII secolo ma su un edificio precedente, fondato in epoca longobarda, come testimoniano i capitelli e la dedicazione a San Donato, santo venerato dai Longobardi che in quel periodo erano saliti da Arezzo, in lotta contro i Bizantini di Ravenna per la conquista della Romagna. Una parziale ristrutturazione fu fatta nel Settecento, ma nell’Ottocento era così malandata che ne fu proposta la demolizione, fu il deputato forlivese Aurelio Saffi a salvarla da quel destino.
Perché è speciale: Giosuè Carducci e la chiesa di Polenta
Giosuè Carducci, che era solito frequentare i colli di Bertinoro ed era innamorato di questa chiesa, scrisse un’Ode i cui proventi destinò al suo restauro. In quell’ode immaginava Dante inginocchiato qui a pregare. Il fatto non è così improbabile, dal momento che Dante era ospite a Ravenna della famiglia da Polenta che di questa frazione era originaria. Pare che qui, nella rocca di cui resta la torre, sia nata Francesca, la protagonista del V Canto dell’Inferno. Carducci immagina anche lei sorridente che prega nella chiesa. Grazie all’interesse suscitato da Carducci, lo stato italiano finanziò il lavoro di restauro.
Da non perdere: Carducci, Dante e un panorama incantevole
All’esterno della chiesa, possiamo vedere un busto di Carducci qui collocato intorno al 1920. Lungo i muri vediamo una serie di lapidi, abbastanza recenti, risalgono infatti agli anni ‘30 del novecento, sono le lapidi di tante città cosiddette dantesche o di tante città italiane che vollero in questo modo onorare la memoria di Dante. Ci sono tra gli altri gli stemmi di Firenze, Ravenna, Forlì, San Marino, Roma. Prima di andarvene non mancate di salire sul colle dei cipressi, la vista vi ripagherà della breve fatica.
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