SHARRYLAND
Dov'è
Cos'è e dov'è
Il faro di Goro potrebbe essere uscito dal disegno di un bimbo: fusto cilindrico bianco sormontato da una bella lanterna; 22 metri d’altezza, una cosa giusta, a misura d’uomo; e ovviamente dotato della casa del guardiano del faro. Quanto alla collocazione, non una scogliera battuta dai frangenti, ma una morbida spiaggia adriatica. Paesaggio a volo d’uccello: dune sabbiose, canneti e lagune. Scenario di fondo: il Delta del Po, per la precisione il ramo che scende a segnare il confine che oggi è tra le province di Rovigo e Ferrara, ma che un tempo era tra la Repubblica di Venezia e la Romagna con tutto quel che ne deriva per storia e cucina: il Po di Goro, che per l’appunto era cittadina marittima sotto la bandiera papalina. Esaurita la sua funzione marittima, oggi il faro è il grazioso accessorio di una delle spiagge a più alto quoziente ambientale in Italia. Non a caso lo si raggiunge per lo più via fiume, lasciando in terraferma il superfluo.
Perché è speciale
Sulle carte ufficiali questo lembo del Delta del Po va sotto il nome di Scanno di Goro, laddove uno ‘scanno’ è una di quelle barre sabbiose che i fiumi formano all’esterno della foce per sedimentazione dei materiali alluvionali. Trattandosi di un ampio scanno, i pescatori lo chiamavano Scannone e nessuno ha mai avuto da ridire, tanto era fuori dal mondo. In anni recenti, la miracolosa trasformazione: ribattezzato Isola dell’Amore, è diventato il luogo più romantico del Delta e bisogna dargliene atto. Il modo più consueto per raggiungerlo, infatti, è via fiume e questo certo sdilinquisce i sentimentali. Una volta sbarcati, ci si trova poi ad avanzare a piedi nudi, mano nella mano, tra le dune sfiorate dalla brezza. Madre Natura poi vuole che il faro si stagli su tramonti tali da disarmare anche i più restii a lasciarsi andare. Da ultima, la trasformazione della casa del faro in languido ristorante con piccolo albergo...
Da non perdere
Dal faro, camminando lungo la spiaggia, o ancor meglio navigando nelle bassure circostanti, si coglie come questa estrema frontiera del Delta si sfrangi nell’arcipelago dai mutevoli contorni sabbiosi che costituisce la Riserva naturale delle dune e delle isole della Sacca Di Goro. È il regno degli uccelli marini e lagunari la cui presenza è soggetta soprattutto al ciclo di marea. È così che, ciclicamente, emergono ampie superfici di limo a beneficio di piccoli trampolieri che con i loro lunghi becchi lo sondano alla ricerca di nutrimento. L’appariscente beccaccia di mare è specie stanziale, mentre di passo stagionale sono tanti altri piccoli trampolieri: piovanelli, pittime, chiurli, pivieri… a citarli per categorie, salvo poi affidarsi a un birdwatcher esperto per individuare le singole specie.
Un po' di storia
La vicenda del faro di Goro è una dimostrazione evidente dell’avanzamento della linea di costa del Delta. Il faro che oggi si trova sulla spiaggia ha storia recente: trattasi infatti della ricostruzione del 1950 di quello distrutto sul finire della seconda Guerra Mondiale. Il faro precedente, costruito nel 1864, oggi indicato col nome di Vecchia Lanterna, si trova qualche chilometro a monte dell’attuale linea di costa per via del continuo avanzamento del delta; la caratteristica costruzione a base quadrangolare s’innalza ancora lungo l’argine fluviale ed è stata adattata a torretta di osservazione naturalistica sulla Sacca di Goro. Andando ancora più indietro nel tempo, lo sviluppo di Goro come centro peschereccio risale ai primi del Settecento ed è verosimile che, trovandosi allora a ridosso del mare, fosse dotato di una propria lanterna della quale però non è rimasta traccia.
Curiosità
Lo Scanno di Goro è uno dei siti italiani dov’è più facile imbattersi nella beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), appariscente frequentatore delle spiagge e delle distese di marea. Uccello di una certa dimensione, 40 centimetri di lunghezza, 80 di apertura alare, ha un’elegante livrea, nera dal capo al dorso e bianca dal petto al sottocoda. Le zampe sono rosse. Il becco è inconfondibile, di colore del corallo, lungo, appiattito e robusto, adatto a scardinare le conchiglie dei molluschi che sono il nutrimento più congeniale della specie. A questa attitudine si riferisce infatti il nome di ostrichiere che era popolare nel passato. A primavera la beccaccia di mare nidifica in colonie abbastanza fitte tra i banchi di sabbia. È questo il periodo in cui gli osservatori devono farsi molto prudenti, evitando di avvicinarsi alla zona dove i giovani dell’anno razzolano tra le dune, con gli adulti pronti a lanciarsi in picchiate intimidatorie contro chiunque superi una certa soglia.
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