SHARRYLAND
L’anguilla delle Valli di Comacchio
Echi dei favolosi banchetti degli Estensi allettano i buongustai di passaggio nel ferrarese
Dov'è
L’anguilla è un pesce ubiquitario, ma c’è un luogo in Italia, Le Valli di Comacchio, dove il suo allevamento e la sua lavorazione hanno modalità senza uguali. Comacchio è una «piccola Venezia» del primo entroterra ferrarese: un centro storico per così dire ‘anfibio’, su 12 isolette, e una corona di lagune salmastre, le cosiddette ‘valli’, dove fin dall’antichità si alleva pesce pregiato secondo i suoi cicli naturali. Anguilla in primis, che rappresenta il vero orgoglio gastronomico della città: «allo spiedo, fritta, arrostita, in umido, se ne fa grande consumo specialmente nei pranzi della Vigilia di Natale», si legge nella prima Guida Gastronomica del Touring Club Italiano. A dar retta ai meglio informati, oggi se ne contano 48 ricette, partendo da un risotto in cui s’avverte una nota di noce moscata. Il primato della popolarità spetta tuttavia all’anguilla marinata, che ancora oggi porta il nome di Comacchio in giro per l’Italia e nel mondo; una prelibatezza da veri intenditori, considerata l’intensità (e anche il prezzo).
Un pesce speciale
L’anguilla è di per sé un pesce speciale, che scientificamente si definisce un migratore catadromo: nasce in mare, nelle profondità atlantiche del Mar dei Sargassi, e compie le prime fasi di sviluppo durante il viaggio verso le terre continentali, quindi ne risale i fiumi, dove vive fino a maturità (10-15 anni), e infine compie il percorso inverso per riprodursi. In questo ciclo si inserisce l’uomo, con la pesca e l’allevamento. L’anguilla marinata è poi una vera specialità. Cotta a fuoco vivo di legna e poi inscatolata sotto salamoia di particolare composizione: acqua, aceto di vino bianco e sale marino di Cervia, più una foglia d’alloro, nelle proporzioni dettate da un disciplinare del 1818, oggi sotto l’egida di un Presidio Slow Food. Pesca e produzione hanno luogo nel tardo autunno, ragion per cui si parla di un pesce e di una conserva che hanno il loro momento di gloria sotto Natale, circostanza che li rende ancor più speciali.
Manifattura dei Marinati
Il luogo che riunisce in sé storia e attualità dell’anguilla di Comacchio è la cosiddetta Manifattura dei Marinati, l’antico stabilimento conserviero che ha recentemente trovato nuova realtà combinando la funzione produttiva con quella museale. Il cuore della fabbrica è la Sala dei Fuochi, che vede allineati i dodici grandi camini dove tuttora le anguille vengono cotte allo spiedo su fuoco di legna, come previsto dal disciplinare di produzione dell’Anguilla marinata tradizionale delle Valli di Comacchio. La Sala dei Fuochi è connessa da una lato con la Calata o Fossa, dove approdavano le barche colme di anguille, e dall’altro con la Sala degli Aceti, con i grandi tini e le botti per la salamoia. Nel periodo autunnale è possibile assistere all'intero ciclo di lavorazione delle anguille ma anche di altri pesci, acciughe e acquadelle, destinati alla marinatura. In questo stesso ambiente si tengono degustazioni.
Un amore lungo secoli
Nonostante l’aspetto non proprio invitante, l’anguilla è molto apprezzata per le sue carni eccezionalmente gustose, anche se piuttosto grasse, ma proprio per questo fra le più adatte allo spiedo e alla griglia. Gli antichi Romani, che già conoscevano i segreti del suo allevamento, ne erano ghiotti e le accompagnavano con elaborate salse. Forte di tanta considerazione, si può dire che l’anguilla sia passata indenne anche attraverso i secoli bui, approdando con ricette sempre più complesse alle tavole medievali e rinascimentali. Non è un caso, dunque, se il cuoco cinquecentesco Bartolomeo Scappi, che si affermò alla corte dogale di Venezia, a tal proposito si riferisca proprio Comacchio, «la qual’è circondata di valli d’acqua salsa» e riguardo alle sue anguille aggiunge che non solo «se ne piglia gran quantità» ma anche che «son le migliori di qualunque loco». Sottolineando come, «arrostite allo spiedo con sua crostata», fossero degne di un banchetto principesco. Oggi le preparazioni più complesse, come pasticci e timballi, sono desuete, ma la fortuna dell’anguilla continua nelle ricette più semplici, spesso derivate dalle cucine regionali.
Abbinamenti
Di fronte a una vivanda di cotanta rilevanza sorge il quesito sul suo abbinamento con un vino. Un principio apparentemente universale vuole con il pesce vada servito con il vino bianco, ma proprio l’anguilla è di quei casi in cui trova applicazione il proverbio «nulla regula sine exceptione.» Infatti l’anguilla va più correttamente abbinata a un rosso giovane, possibilmente leggermente tannico, cioè dal gusto astringente, per equilibrare la grassezza del pesce. E senza andare troppo lontano, basta attingere alla produzione del Ferrarese, gli storici vini del Bosco Eliceo, tra i quali risalta il Fortana, che si dice importato nel Cinquecento dalla Borgogna. Un vino naturalmente incline al frizzante, che proprio per questo si ritiene adatto all’anguilla. Quanto al pesce marinato, in teoria la salamoia acida dovrebbe mettere fuori gioco qualsiasi abbinamento, ma non sembra che i comacchiesi se ne diano pensiero, perché c’è anche chi – à la guerre comme à la guerre – raccomanda uno Champagne.
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