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Dov'è
Le Crete Senesi, oltre ad essere di una bellezza struggente, sono un territorio sano e privo di inquinanti. Ce lo rivelano i tartufi, di cui queste terre sono ricche. I tartufi, sappiatelo, non resistono in presenza di diserbanti, prodotti chimici o smog. Sono ben tre le tipologie presenti nel territorio - il tartufo bianco pregiato (Tuber Magnatum Pico), il marzuolo o bianchetto e lo scorzone – ciascuna con la sua festa, rispettivamente in novembre (la principale, per il «re» dei tartufi), in giugno e all'inizio della primavera.
Alla scoperta del tartufo a San Giovanni d'Asso
Per chi vuole approfondire le sue conoscenze sul tartufo, appena sotto la strada che attraversa San Giovanni d'Asso, nel centro del paese, è stato creato un piccolo percorso didattico dedicato al tartufo, detto l'Orto di Sesto in onore di Sestilio Dominici, che per tanti anni aveva curato questi spazi. I materiali sono quelli del posto, la vasca al centro consente di irrigare il giardino senza sprechi, e sono privilegiate le piante officinali e gli alberi considerati indispensabili per lo sviluppo del tubero, come lecci, roveri, pioppi, cerri, tigli. L'orto è il complemento perfetto del Museo del Tartufo, che è stato allestito in Rocca: un'immersione completa in questo mondo affascinante.
Se poi qualche aspirante cercatore volesse cimentarsi sul campo - o meglio, nel bosco - è possibile farsi guidare da un tartufaio del luogo con i suoi cani. La giornata ha costi variabili che, badate bene, escludono sempre il costo vivo dei tuberi trovati: è facile capire il perché, visto che qualcuno li chiama l'«oro delle Crete»... La raccolta del tartufo o, come dicono gli inglesi, la «caccia» (hunting), è soggetta a stagionalità, ma non troppo, nelle Crete Senesi. Questo perché il «re dei tartufi», il tartufo bianco pregiato, ha un periodo di raccolta che va da ottobre a dicembre, il tartufo estivo o scorzone, da giugno a novembre, e il tartufo bianchetto o marzuolo, da gennaio a metà aprile.
Oltre alle molte aree delle Crete Senesi dove il tartufo si sviluppa e cresce spontaneamente, ci sono anche tantissime zone denominate «tartufaie controllate»: sono delle tartufaie naturali migliorate con opportune pratiche colturali e incrementate con la messa a dimora di specifiche piante arboree dette «tartufigene». In questo modo si garantisce la continuità della raccolta senza danneggiare l'ecosistema precedente, ed è per questo che i tartufai, organizzati in associazioni ormai da anni, sono i primi a tutelare, proteggere e valorizzare il loro territorio.
Come l'oro
Essendo il tartufo, come tutti i funghi, formato per quasi l'80% d'acqua, possiamo ben dire che è una delle acque più care al mondo. Sicuramente il tartufo bianco, il Tuber Magnatum Pico, è quello più pregiato, e raggiunge quotazioni poco dissimili da quelle dell'oro. Cosa lo rende così prezioso da dover essere addirittura battuto all'asta, e da avere una Borsa Valori specifica? Prima di tutto, la difficoltà della cerca, fatta nel rispetto dei tempi naturali e senza forzare la natura: se un anno o una stagione danno magro bottino, i prezzi salgono vertiginosamente. E poi, il suo valore varia in base alla grandezza, alla specie e al piacere che dà al palato: ogni specie ha differente profumo e aroma, più o meno intensi, dati dalle sue componenti minerali, e aromatizza ogni piatto in modo unico, che non dà spazio a mezzi termini: o si ama o si odia.
Una storia secolare
Conosciuto fin dai tempi dei Sumeri e dei Greci (forse in una versione differente rispetto a quella attuale), per i Romani aveva, come oggi, un prezzo altissimo. Nel Medioevo rimase cibo degli animali selvatici, e tornò sulle tavole dei ricchi e dei nobili solo nel Secondo Rinascimento, soprattutto in Francia. Per la ricerca si usavano i porci, dall'olfatto finissimo e golosissimi di tartufi. La cerca divenne pian piano uno dei divertimenti preferiti dai nobili, e forse per questo si cominciarono a sostituire i porci con animali più eleganti e leggeri, come i cani, già compagni degli uomini nella caccia alla volpe, ai volatili, ai cinghiali. Con l'indubbio vantaggio che i cani si possono addestrare molto meglio: i porci in genere mangiano i tartufi prima che il padrone possa metterci mano! Nell'800 la sua fama esplose e in Italia i centri di raccolta principali divennero il Piemonte (il Conte Cavour lo usava anche come dono diplomatico), l'Umbria, la Toscana. Il resto è storia dei nostri giorni.
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