SHARRYLAND
Dov'è
C’è una notte, a Paganico Sabino, che non è come le altre. È una notte calda d’agosto ma il buio e il silenzio che dovrebbero contraddistinguerla sono soppiantati dalle luci e dai rumori della festa di Maria Santissima e di San Giovanni Battista. L’intero paese è in piazza, e anche visitatori venuti qui apposta. L’aria che si respira, però, è particolare: il vociare non è forte e allegro, ma sommesso ed emozionato. C’è una strana vibrazione nell’aria, inconfondibile per chi l’abbia già provata: l’attesa.
I giganti, la danza e il fuoco
Questa notte infatti, stanno per arrivare le Pantàsime, e nessuno vuole perdersi il loro ingresso. Ecco. Finalmente si è aperta la porta del locale dove si sono preparate. La prima a comparire sulla piazza, come sempre, è la femmina. Una struttura conica alta quasi due metri, in canne e carta, decorata con colori squillanti. Ha due seni abbondanti, simbolo di fertilità e buon auspicio, e un viso un po’ grottesco, appena abbozzato. Raggiunge il centro della piazza acclamata dagli astanti, ma manca ancora uno dei protagonisti, il maschio. Alto come lei, la saluta con un inchino ed è in questo momento che risuona il saltarello, ed ha inizio la danza. Seguendo il tempo incalzante della musica le Pantasime si sfiorano, saltano, si inclinano, animate da abilissimi ballerini al loro interno. E quando il ritmo si fa ossessivo e frenetico, arriva il culmine dell’evento: le Pantasime vengono date alle fiamme. Imperterriti, i coraggiosi ballerini continuano a far ballare i fantocci, rimanendo al loro interno quanto più a lungo possibile.
Una tradizione antica
Quella che oggi è una festa, è il residuo di un rito arcaico, composto da diversi influssi pagani: da un lato, c’è un elemento soprannaturale, un gigante che appare tra la gente, come un fantasma. E il nome «Pantàsima» deriva appunto dalla parola greca φάντασμα, phantasma cioè «che si mostra». Le sue fattezze, però sono umane: questo perché con il suo ballo, in mezzo alla gente, la Pantasima assorbe il male che potrebbe celarsi nella comunità, e lo annulla trascinandolo nel fuoco purificatore che la consuma. La gente, ora liberata dal maligno, era pronta ad iniziare un nuovo ciclo vitale. Non è un caso che da tradizione questo rito si svolga in agosto: era il momento in cui i pastori tornavano al paese dopo la transumanza, e si riunivano alle loro famiglie: la fine di un ciclo, che esigeva dei riti propiziatori per quello che stava per iniziare.
Dai ricordi degli anziani
Le Pantasime di oggi con molta probabilità non sono dello stesso tipo di quelle in uso prima degli anni ’30 del secolo scorso. I ricordi degli stessi anziani rimandano infatti a immagini di fantocci più piccoli e diversamente foggiati, con le braccia a mo’ di conca e con le fattezze del viso meglio delineate, forse più proprie all'arte della raffigurazione di modelli in cartapesta. Era l'occasione per dar sfogo all’inventiva sulle figure umane grottesche, talvolta prendendo a modello anche alcune persone del paese. Anche la procedura di costruzione era leggermente diversa a quel tempo: avveniva nel segreto più totale, ben nascosta dalle mura dell’edificio scelto come sede operativa. Sarebbero stati visti dalla gente solo alla loro effettiva apparizione in piazza, come dei veri fantasmi. Certamente la comunità sapeva cosa si preparava dietro quelle mura, ma la sorpresa nel vederle solo all’ultimo momento doveva essere immensa, amplificata dall’attesa e dalla moltitudine riunita in ammirazione.
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