SHARRYLAND
I casari tra le nevere
Il percorso delle nevere: viaggio alla scoperta del paesaggio montano
Dov'è
Il sentiero delle nevère
Capita spesso di passeggiare in campagna o in montagna e di incrociare vecchie strutture seminascoste, o filari di alberi collocati lì dall’uomo per non si sa quale motivo, tanto che, a volte, non ci accorgiamo nemmeno che dietro alla loro posizione c’è effettivamente uno schema. Sulla scia di riflessioni simili, da Casasco d’Intelvi parte il percorso delle «nevère» che si sviluppa lungo sentieri di montagna incontrando queste strutture agricole utili, un tempo, agli allevatori per raffreddare il latte appena munto per poi spannarlo, e molti altri dettagli legati alla vita rurale di una volta. Per riuscire a vedere tutti questi «reperti» occorre però fare un salto indietro nel tempo, e cercare di capire com’era la vita degli intelvesi fino a qualche secolo fa.
Vita da agricoltori
Gli agricoltori vivevano in cascine attorniate da terreno coltivabile, solitamente su ripiani a terrazzamento, di proprietà o in affitto e si occupavano anche della stalla. Le famiglie contadine molto numerose possedevano al massimo una o due mucche, in numero limitato a seconda del terreno a disposizione per il foraggio, che veniva tagliato una sola volta l'anno. Nei mesi freddi le donne si occupavano del bestiame e gli uomini divenivano taglialegna, piantavano le patate e la segale. Le mucche dovevano essere munte all'alba di ogni giorno e il latte veniva usato in famiglia o portato in latteria. Verso la fine del 1800 gli agricoltori si consorziarono per la produzione dei prodotti caseari e sorsero nei paesi le latterie. Quella di Cerano d'Intelvi, ad esempio, venne costituita il 15 marzo 1899. Lo scopo era quello di utilizzare le piccole quantità di latte delle famiglie al fine di una migliore resa casearia. Il casaro assunto si occupava della registrazione dei quantitativi di latte consegnati dai soci produttori per poi distribuire equamente i prodotti finiti. Le famiglie contadine cessavano di consegnare il latte in latteria nei mesi estivi, quando il bestiame saliva in alpeggio.
In alpeggio
Gli alpi comunali venivano affittati dagli «alpée», che tenevano le bestie delle famiglie a pensione a pagamento, lasciando ai «famèll» il compito di badare alle mandrie al pascolo. Lassù negli «alp» le giornate erano scandite dalla mungitura all'alba e dalla salita al pascolo, dove le mandrie sostavano per l'intera giornata abbeverandosi alle bolle, bacini semi naturali di raccolta delle acque piovane. Le bolle erano ricoperte sul fondo con foglie di faggio, cenere, sterco ed argilla; gli animali entrando nell'acqua con il calpestamento favorivano il compattamento del fondale e, quindi, l'impermeabilizzazione. Il mandriano aveva il compito in contratto d'affitto di mantenere pulita e attiva la bolla con i suoi canali di carico di raccolta dell'acqua. Sceniche ancora ad oggi quelle delle alpi Tellero, Grande e di Lenno.
Il bestiame nei momenti più caldi della giornata poteva ripararsi nei meriggi, che erano realizzati piantando solitamente faggi in circolo. Ad oggi ancora visibili e non inglobati dal bosco nelle alpi: di Claino, di Ponna e del monte Tellero. Le fronde dei frassini, invece, erano piegate e potate al fine di creare le «ciuende»: barriere impenetrabili per separare il bestiame al pascolo dai prati da falce e dai seminativi; ancora in auge nell'alpe di Ossuccio. In caso di temporali erano le «sòstre» i rifugi più adatti: costruzioni a pianta rettangolare con arcate aperte su di un lato e tetto in piöde. Da visitare, ad esempio, in alpe Grande, Pian delle Alpi e alpe Squadrina.
Le nevère
II pastori preparavano nella magione i vari prodotti del latte e scendevano a suon di campanacci nei paesi a consegnare le forme da stagionare in apposite cantine e il burro, ottenuto dopo aver spannato il latte, con la «penàgia» (zangola). Il burro uscito dalla zangola veniva lavato, impastato a mano e inserito in stampi in legno di diverse misure e, quindi, differenti grammature decorati da motivi di bordura con, al centro, mucche e/o fiori. In estate era necessario porre subito dopo la mungitura il latte nelle «nevère» per far sì che rimanesse fresco e che le calde temperature non ne rovinassero la futura spannatura. Sono strutture a pianta circolare o quadrata con l'ingresso rivolto a monte e profonde fino a 4 metri sotto terra. Al loro interno si pressava la neve, coperta poi da pula di riso o foglie di faggio per conservarla. Al fine di mantenere bassa la temperatura interna venivano piantumati tutto intorno faggi, frassini o aceri. Frasche e fogliame venivano collocate anche a contatto con le pareti. Il fresco persisteva fino all'estate per poter raffreddare il latte e anche conservare il burro e altri alimenti.
Ora che conoscete queste antiche abitudini potete partire lungo il sentiero delle nevère: state pur certi che noterete questi piccoli tesori di vita rurale che ancora oggi sopravvivono ostinatamente alla modernità.
Per organizzare il viaggio
Entra nella Mappa delle Meraviglie dell'Italia da scoprire e trova tesori dove meno te l'aspetti... Ispirati, Consiglia, Condividi...
La Mappa ringrazia:
Entra nella Mappa delle Meraviglie dell'Italia da scoprire e trova tesori dove meno te l'aspetti... Ispirati, Consiglia, Condividi...
Dov'è