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Con un libro sotto braccio: i romanzi di Giorgio Bassani
Il mondo di uno scrittore contemporaneo, con la città di Ferrara e il Delta del Po sullo sfondo
Dov'è
Giorgio Bassani (1916-2000), ferrarese di nascita, è stato uno scrittore poco appariscente, ma molto apprezzato: premio Strega per «Cinque storie ferraresi» nel 1956; premio Viareggio per «Il giardino dei Finzi-Contini» nel 1962; premio Campiello per «L’airone» nel 1968. Per ricordarne l’opera dal 2002 a Ferrara è attiva la Fondazione Giorgio Bassani, con sede in un luogo letterario per eccellenza, niente meno che la Casa di Ludovico Ariosto. Tre ambienti al piano terra dov’è allestita una biblioteca sui generis, con i libri che furono del romanziere, spesso con postille personali e dediche di autori suoi contemporanei, ma anche con gli oggetti della sua quotidianità. Si entra così nel suo studio, come se lo scrittore ne fosse uscito per un attimo, e si viene a conoscenza delle sue vicende, riportate per testi e immagini come in una sequenza di ricordi.
Una vita lontana da Ferrara, dove però ha voluto tornare
Se si eccettua la prima giovinezza, la vita di Bassani si è svolta per lo più lontano da Ferrara: dapprima a Bologna, durante gli studi universitari; poi a Firenze e a Roma al tempo delle leggi razziali e della Guerra di Liberazione, restando nella capitale per il resto della vita come scrittore e uomo pubblico. Bassani dispose però d’essere seppellito a Ferrara nel cimitero ebraico di via delle Vigne. Il Comune ha voluto ricordarlo con un monumento dallo scultore Arnaldo Pomodoro, una stele in bronzo recante delle incisioni nei quali c’è chi vede i caratteri tipografici di una macchina da scrivere e chi la calligrafia minuta dello scrittore. Sparsi sulla tomba, i sassolini lasciati con la mano sinistra, quella del cuore, da chi le ha reso visita. Un’usanza ebraica, che rimanda ai tempi biblici, quando i defunti venivano sepolti sotto tumuli di sassi, ragion per cui aggiungerne uno era considerato segno materiale del ricordo.
Il narratore di una città e del suo straordinario Delta
Nel 1999 l’Unesco ha registrato nel Patrimonio dell’Umanità un nuovo sito: «Ferrara, città del Rinascimento, e il suo Delta del Po»; la prima, come straordinario esempio di urbanistica di quel periodo; il secondo, come un paesaggio culturale eccezionalmente conservato nei suoi caratteri originari. Caso più unico che raro, questo bene Unesco può far conto su una copertura letteraria di grande spessore: i romanzi di Bassani, per l’appunto, ambientati nella prima metà del Novecento sullo sfondo tanto della città, come nel caso de Il giardino dei Finzi-Contini, quanto del Delta, nel caso de L’airone, ambientato per lo più a Codigoro. Lo scrittore, infatti, frequentava in particolare la famiglia Sullam, che come la sua aveva origini ebraiche e proprietà tanto ampie da dar nome a una località per l’appunto lungo il Po di Goro.
Romanzi di grande fortuna cinematografica
La visita di Ferrara e del Delta si può dunque affrontare, come si suol dire, con un libro sotto braccio. Ma c’è di più, perché due romanzi di Bassani hanno avuto trasposizione cinematografica: Il giardino dei Finzi-Contini, nel 1970 per la regia di Vittorio De Sica, protagonisti Dominique Sanda e Lino Capolicchio (premio Oscar nel 1972 per il miglior film straniero), e Gli occhiali d’oro, nel 1987 per la regia di Giuliano Montaldo, con un cast di notevole caratura – Philippe Noiret, Rupert Everett, Stefania Sandrelli e Valeria Golino (Premio David nel 1988 per la migliore colonna sonora a Ennio Morricone). Due vicende evocative delle vicissitudini del tempo di Bassani: una famiglia ebraica alle prese con le persecuzioni razziali sullo sfondo di Ferrara e un medico omosessuale che soffre della discriminazione fino alla tragedia, negli scenari del Delta.
L’impegno per l’ambiente e la fondazione di «Italia Nostra»
Altro dettaglio biografico significativo: Bassani è stato fondatore, nel 1955, e poi presidente dal 1965 al 1980 dell’associazione ambientalista Italia Nostra. Sulla missione della nuova compagine scrisse in maniera quasi profetica: «Il patrimonio culturale e naturale è un bene di cui la civiltà tecnologica e industriale, nella quale viviamo, non può fare a meno, se vuole continuare a esistere. La civiltà industriale ha mostrato di sapersi dare un’efficienza; adesso occorre che si dia una ‘religione’, che sappia cioè contraddire a tutto ciò che tende a trasformare l’uomo in puro consumatore. Il rapporto predatorio con la natura non è più possibile». Parole quanto mai attuali.
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