SHARRYLAND
Dov'è
L’ultima domenica di febbraio degli anni pari, Recoaro Terme si anima con un insolito fermento: centinaia di persone vestite a festa con abiti di foggia tradizionale, carri che fanno bella mostra dei mestieri tipici di queste contrade, e molto, molto trambusto. L’insieme, però, non è caotico, ma euforico e trascinante. Sono le genti di queste belle montagne che si riuniscono nel centro del paese per scacciare l’inverno e risvegliare la primavera e la natura.
La festa
Il primo elemento che si nota è proprio il frastuono: un po’ per infastidire ed allontanare gli ultimi giorni di freddo della stagione, un po’ per richiamare l’attenzione della primavera, i figuranti suonano qualunque strumento abbiano a disposizione: tamburi, corni, coperchi, campanacci e chi più ne ha più ne metta! Basta affidarsi alle proprie orecchie per raggiungere il centro nevralgico dell’evento, la sfilata cittadina formata da centinaia e centinaia di figuranti in costume, che in gruppi, a piedi o sui carri allestiti con ogni genere di scenografie, mettono in mostra una straordinaria serie di oggetti, attrezzi e testimonianze della civiltà e della tradizione «cimbra». Le storie, i mestieri, i prodotti ed il folclore del passato recoarese rivivono in una fantasmagorica girandola di scorci e di dettagli recuperati dai secoli.
Quello che si svolge ogni due anni a Recoaro Terme è un rito antichissimo, che regala la possibilità di vivere, ai giorni d'oggi, le emozioni di un tempo attraverso la rievocazione di un passato ricco di tradizioni, valori e conoscenze. Per non parlare poi della splendida occasione di assaporare alcuni dei piatti tipici della zona come: gli gnocchi con Fioretta, il baccalà alla vicentina, le sarde in saor, e molti altri presenti all'interno dei ristoranti e trattorie tipiche!
Una tradizione antica
La Chiamata di Marzo è una delle più antiche e caratteristiche manifestazioni della tradizione e del folclore di Recoaro Terme, la cui origine si perde nella notte dei tempi. La festa cadeva nell'ultima domenica di febbraio. Allora essa era la manifestazione spontanea della gioia che invadeva gli animi della gente di montagna, costretta a restare chiusa nella case e nelle stalle per quattro o cinque mesi, quando il primo tepore primaverile scioglieva il ghiaccio che d'inverno interrompeva i rapporti e le normali comunicazioni sia fra le contrade che con il centro del paese. Verso l'imbrunire, dopo essersi radunati a frotte nelle loro contrade, centinaia di pastori, mandriani, contadini, e le loro famiglie scendevano in paese, abbigliati con fogge e costumi stravaganti, in corteo compatto tra un frastuono indiavolato.
Da varie attestazioni si sa che la festa era ancora celebrata con grande entusiasmo e partecipazione nel secolo scorso e fino agli anni '20 di questo secolo, per poi via via declinare a partire dal periodo fra le due guerre mondiali. A partire dal 1979 l'Amministrazione Comunale ed un apposito Comitato, coadiuvati dall'Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno, dalla Cooperativa Culturale e dalla Biblioteca Comunale, promossero il rilancio della manifestazione allo scopo di far conoscere e rivivere la sua natura folcloristica ed il suo significato storico-culturale, organizzando la partecipazione di gruppi in costume e carri allegorici allestiti nel rispetto dell'antica tradizione locale. Una trentina di carri e gruppi, centinaia di persone in sfilata in una cornice di pubblico numerosissimo e festante: questo lo straordinario successo della prima edizione rievocativa. La manifestazione si è poi ripetuta con ancora maggiore risonanza e ulteriori adesioni (oltre 50 carri e più di 900 persone in sfilata) a scadenza biennale negli anni successivi. La Chiamata di Marzo insomma è tornata a vivere nell'antico e colorito sfondo di festa che tanti anni fa la caratterizzava.
Memoria ed emozioni
Il fatto che questa tradizione sia passata di generazione in generazione, di popolo in popolo, riuscendo in qualche modo a sopravvivere fino ai nostri giorni, è davvero sorprendente, ed è anche la viva testimonianza di quanto radicata, spontanea ed intimamente sentita sia l'usanza di «Chiamare Marzo» nella storia della gente recoarese, anche in tempi in cui tutto o quasi tutto ciò che ci circonda tende a cancellare ogni traccia della nostra identità passata.
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