SHARRYLAND
Dov'è
Dalla piazza di Vo’ parte la strada che sale verso il Monte Venda, ma l’iniziazione euganea non può dirsi compiuta senza rendere omaggio al Palladio, o per meglio dire all’architetto suo epigono che nel Settecento diede forma definitiva alla fastosa villa Sceriman: la facciata rivolta al giardino, con l’alto pronao colonnato sporgente rispetto alle ali rustiche dai grandi camini.
Scambio due parole con il padrone di casa all’ombra di un vetusto giuggiolo, poi ci spostiamo nella cantina sotterranea, botti e barriques che esalano un’aura inebriante di quercia e vino. La visita si chiude nella ‘barchessa’, la fattoria porticata con gli spazi oggi riservati ai turisti del vino. Leggo al primo posto su una lavagna: «sopressa nostrana», insaccato dal calibro stupefacente e dalla grana suadente, non plus ultra della salumeria veneta, cui far corona con prosciutto di Montagnana, formaggio Asiago e quant’altro per una corretta «merenda veneta», dice chi sta dietro al bancone. E poi vino, solo con l’imbarazzo della scelta.
Non a caso il villaggio che si raggiunge dopo poche curve si chiama Boccon, con apparente rimando etimologico a Bacco, dio del vino e del piacere dei sensi. Sono sensuali, difatti, le ondulazioni tutt’intorno, disegnate dai vigneti, che più in alto si insinuano tra i boschi. Lungo le strade, trattorie e ciliegi tentatori.
Proseguendo nella salita verso il Venda la natura vulcanica dei luoghi si fa via via più evidente. Con il binocolo seguo un falco che sparisce dietro una dorsale di roccia scura a spaccature verticali. Preso dalla curiosità, chiedo a uno che passa – “Sono le Forche del Diavolo!” – e mi faccio spiegare come arrivarci: devo seguire per un tratto l’Alta Via dei Colli, segnavia biancorosso n. 1, e poi salire su per il bosco. Gli Euganei sono fatti così: i versanti in ombra sono posto da castagni, ma dove batte il sole è macchia mediterranea.
A un certo punto la traccia si perde e semplicemente seguo la base delle rocce fino a quando intravedo un intaglio nel loro profilo: pietra effusiva scura e ruvida in strati fratturati dalle forze primordiali; mi affaccio, ma mi ritraggo subito perché la parete verticale forma un salto che dà le vertigini; tutt’intorno, sotto le nuvole che corrono, è la campagna a olivi e vigne sulla quale s’innalzano i coni del monte Vendevolo e del più esterno monte Lozzo. Resto così, con il palmo della mano appoggiato alla pietra che scotta ad ascoltare il vento nel bosco. Sono pronto.
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Indice
INTRODUZIONE
Le cinque giornate di Vo’
1 di 6
Vo’ Vecchio e il canale del Bisatto
2 di 6
Zovon e la trachite del Rovarolla
3 di 6
Vo’, Città del Vino
4 di 6
Cortelà e le vigne del Monte Versa
5 di 6
Boccon e la Forca del Diavolo
6 di 6
Dal Monte Venda a Venezia...
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